POST 174
Come noto a
partire dal periodo d’imposta 2010 la disciplina CFC (Controlled Foreign Companies – società controllate estere) è stata estesa
anche alle società controllate residenti in Stati a fiscalità ordinaria, compresi
gli Stati membri dell’Unione Europea e gli Stati SEE. Tale disposizione,
introdotta ad opera del decreto legge n. 78 del 2009, è contenuta nel comma 8-bis
dell’articolo 167 del TUIR che dispone la
tassazione per trasparenza dei redditi prodotti dalle controllate estere al
ricorrere congiunto delle seguenti due condizioni:
a) – le
medesime società estere sono assoggettate a tassazione effettiva inferiore a
più della metà rispetto a quella cui sarebbero state soggette ove residenti in
Italia;
b) – hanno
conseguito proventi derivanti per più del cinquanta per cento dalla gestione, detenzione
o investimenti in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie,
dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla
proprietà industriale, letteraria o artistica o dalla prestazione di servizi
infragruppo (cd. passive income)
L’articolo 8
comma 1 lett. d) del D.Lgs n.147/2015
(cd. Decreto Internazionalizzazione)
ha infine aggiunto, nel comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR, una previsione in
cui è demandato ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate il
compito di indicare i criteri per determinare, con modalità semplificate, il ricorrere della condizione di cui alla
citata lettera a) del comma 8 – bis.
Si tratta
del confronto tra la tassazione
effettiva estera e quella “virtuale”
domestica in cui assume rilevanza, coerentemente con quanto previsto nella relazione
di accompagnamento all’articolo 13 del d.l. 78 del 2009, il “carico effettivo di imposizione (e non l’aliquota
nominale di imposizione societaria) gravante
sulla società estera” e, dunque, il calcolo del rapporto tra l’imposta corrispondente
al reddito imponibile e l’utile ante imposte della controllata.
Con Provvedimento
del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 143239/2016 pubblicato in data 16
settembre 2016 sono stati dunque fissati
i criteri di determinazione dei livelli di tassazione prima richiamati.
Nello
specifico viene qui previsto che ai fini
della individuazione del livello di tassazione effettiva estera rilevano
esclusivamente le imposte sul reddito dovute nello Stato di localizzazione
della controllata, al lordo di eventuali crediti di imposta per i redditi
prodotti in Stati diversi da quello di insediamento. Nel caso in cui sia in
vigore tra lo Stato di localizzazione della controllata e l’Italia una Convenzione
per evitare le doppie imposizioni le imposte sul reddito sono quelle ivi individuate nonché quelle di
natura identica o analoga che siano intervenute successivamente in sostituzione
di quelle individuate nella medesima Convenzione. Per le controllate residenti
in una confederazione di stati rilevano
ovviamente anche le imposte federali anche se non espressamente richiamate
nella eventuale Convenzione.
Per quanto
attiene invece il calcolo del reddito “virtuale” domestico il provvedimento
individua come imposte rilevanti l’IRES
e le sue relative addizionali, al lordo di eventuali crediti di imposta.
Nel
dettaglio il provvedimento elenca i diversi criteri applicabili per la determinazione della
tassazione effettiva estera e quella “virtuale” domestica. Gli stessi
possono essere così sintetizzati:
a) – per il calcolo della tassazione “virtuale” domestica va preso a riferimento il bilancio o il rendiconto della controllata così come redatto nel
paese di localizzazione;
b) – per quanto attiene la tassazione effettiva estera le imposte ivi pagate dalla
controllata devono trovare evidenza nel bilancio ovvero nel rendiconto, nella
dichiarazione dei redditi presentata al fisco locale, nelle ricevute di
versamento nonché nella documentazione attestante eventuali ritenute subite;
c) – nel caso in cui la controllata aderisca ad una tassazione di
gruppo dovrà essere individuata l’imposta
ad essa attribuibile;
d) – sono irrilevanti le variazioni
non permanenti della base imponibile, con riversamento certo e
predeterminato in base alla legge o per piani di rientro (ad esempio gli
ammortamenti);
e) – ai fini del conteggio si tiene conto di regimi agevolativi presenti
in Italia quali ad esempio l’ACE;
f) – non si considerano i regimi opzionali cui la controllata avrebbe potuto aderire qualora residente in
Italia;
g) – il regime PEX su
dividendi e plusvalenze si considera equivalente ad un regime di esenzione
totale che preveda l’indeducibilità
integrale dei costi connessi alla partecipazione;
h) – ai fini del calcolo della tassazione “virtuale” domestica non
rilevano le regole contenute nel TUIR in relazione all’utilizzo limitato delle perdite ed ai fini della tassazione
effettiva estera di eventuali limitazioni di analoga natura previste nello
stato in cui è localizzata la controllata;
i) – rilevano ai fini del calcolo della tassazione esclusivamente
quelle agevolazioni avente carattere strutturale (non quindi limitato nel
tempo) ed eventuali accordi conclusi tra il contribuente ed il fisco estero.
In conclusione,
al fine di verificare l’applicazione della norma antielusiva in esame,
occorre tener presente che le controllate residenti negli Stati UE e SEE
possono essere destinatarie della CFC
rule solo qualora soddisfino
contestualmente le due condizioni previste alle lettere a) e b)
del comma 8-bis secondo i criteri enunciati nel provvedimento di cui
trattasi, a nulla rilevando la circostanza che le stesse società fruiscano, nel
2015, di “regimi speciali” ovvero, nel
2016, siano assoggettate a regimi fiscali privilegiati secondo l’accezione declinata
nel citato comma 4 dell’articolo 167 del TUIR.
Alberto Simonetti
Dottore Commercialista – Studio EPICA – Treviso