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L’equo compenso amplia la
sua portata a tutti i professionisti. La tutela che pone un tetto minimo al di
sotto del quale non si può scendere viene estesa a tutte le professioni,
incluse quelle senza Ordini o Albi. E non è tutto. Tra i “committenti forti”
tenuti a garantire il principio dell’equo compenso c’è anche la pubblica
amministrazione. È quanto si legge nella nuova versione dell’emendamento
proposto in commissione Bilancio al Senato.
Il testo originale dell’emendamento
prevedeva l’equo compenso per i soli avvocati quando il committente è una
banca, un’assicurazione o una azienda medio grande. Per essere equo il compenso
«deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto…». La
norma si applica anche agli incarichi pendenti e a quelli non ancora fatturati.
Le clausole considerate vessatorie – il testo ne individua nove – sono nulle
mentre il contratto rimane valido. Il professionista ha tempo 24 mesi dalla
sottoscrizione dell’accordo per far scattare la nuova tutela.
Nella nuova formulazione
dell’emendamento – su cui si sta ancora discutendo – sono state aggiunte tre
novità: l’estensione a tutte le professioni ordinistiche e non di quanto già previsto
per gli avvocati; anche la PA sarà chiamata a garantire l’equo compenso;
dall’attuazione delle disposizioni non devono derivare maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
Rimaniamo in attesa di
ulteriori sviluppi.
Tommaso Talluto
Avvocato – Studio EPICA – Treviso