POST 389

Il fatto di spossessarsi di alcuni beni
conferiti in un fondo patrimoniale (costituito il 26/10/2010), dopo che il
29/12/2009 l’Agenzia delle Entrate aveva notificato tre avvisi di accertamento,
integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte previsto
dall’art. 11, D.L.vo 10/3/2000, n. 74, il quale punisce con la reclusione da
sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte
sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi e sanzioni
amministrative relativi a dette imposte, per un ammontare complessivo superiore
a 50.000,00 euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui
propri o su altrui beni, idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la
procedura di riscossione coattiva.

La Cassazione penale motiva il proprio pronunciamento
con l’enunciazione di alcuni importanti principi che devono essere tenuti
presenti dai contribuenti sottoposti ad accertamento fiscale.

Il Supremo Collegio chiarisce
-preliminarmente- come “attraverso l’incriminazione della condotta prevista dall’art.
11, D.L.vo 2000, n. 74, il legislatore ha inteso evitare che il contribuente si
sottragga al suo dovere di concorrere alle spese pubbliche creando una
situazione di apparenza tale da consentirgli di rimanere nel possesso dei
propri beni fraudolentemente sottratti alle ragioni dell’erario”.

Sul piano applicativo, si afferma
altresì nella sentenza in commento:

a) che “l’oggetto giuridico del reato
di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte non è il diritto di credito
del fisco, bensì la garanzia generica data dai beni dell’obbligato, potendo
quindi il reato configurarsi anche qualora, dopo il compimento degli atti
fraudolenti, avvenga comunque il pagamento dell’imposta e dei relativi
accessori”;

b) che “per atto fraudolento deve
intendersi qualsiasi atto che, non diversamente dall’alienazione simulata, sia
idoneo a rappresentare a terzi una realtà (la riduzione del patrimonio del
debitore) non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio o comunque
rendendo più difficoltosa l’azione di recupero del bene in tal modo sottratto
alle ragioni dell’erario”;

c) che la “diminuzione della garanzia
può essere anche solo parziale, non necessariamente totale, purchè
effettivamente in grado di mettere a rischio l’esazione del credito”;

d) che -conclusivamente- “la condotta
può essere posta in essere con ogni atto di disposizione del patrimonio che
abbia la sua causa nel pregiudizio alle ragioni dell’erario”.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, il
conferimento nel fondo patrimoniale della nuda proprietà di due immobili è
stata considerata condotta idonea a concretizzare il reato previsto dall’art.
11, D.L.vo 2000, n. 74, poiché ha consentito al contribuente di sottrarre, in
tutto o in parte, le garanzie patrimoniali alla riscossione coattiva del
credito tributario.

La Corte di Cassazione ha rilevato,
sotto questo aspetto, che “il conferimento della sola nuda proprietà di un
immobile di fatto limita notevolmente l’utilità dello stesso conferimento
perché i frutti del bene immobile non possono essere impiegati per i bisogni
della famiglia, spettando all’usufruttuario”, così che “il conferimento della
sola nuda proprietà è di per sé un indice dello scopo fraudolento
dell’operazione, posto che alcun concreto vantaggio immediato ne riceve il
fondo patrimoniale”. La Corte ha osservato altresì che “in concreto,
l’esecuzione sui beni del fondo patrimoniale può avvenire solo per i debiti
contratti per i bisogni della famiglia”. Di conseguenza, “la costituzione del
fondo patrimoniale mediante il conferimento della nuda proprietà dei due
immobili ha reso più difficile il recupero del credito” poiché -come detto- “il
fondo patrimoniale non è sempre aggredibile dall’erario in quanto il debitore
può dimostrare in sede di opposizione che il debito tributario sia stato
contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia”. Ciò che i Giudici
hanno ritenuto essere “palese” nel caso esaminato dove i crediti del fisco
erano relativi agli anni d’imposta 2004, 2005 e 2006, mentre la costituzione
del fondo patrimoniale è avvenuta il 26/1/2010.

Alla condanna penale si è aggiunta la
confisca dei beni conferiti nel fondo patrimoniale con l’ulteriore conseguenza
che il contribuente, qualora risultasse soccombente in giudizio, sarebbe
costretto a far fronte all’obbligazione tributaria senza poter utilizzare il
proprio patrimonio perché ormai confiscato.

La reazione dell’ordinamento ai
tentativi di “salvataggio patrimoniale” dei contribuenti esposti alle pretese
fiscali dimostra, per l’ennesima volta, come l’unica difesa fiscale realmente
efficace sia quella esperita nelle varie fasi stragiudiziali ed in quelle
(successive ed eventuali) del contenzioso tributario con l’assistenza di
professionisti avveduti e competenti della materia.

Claudio Tiberti
Avvocato Tributarista