POST 390
Con una recentissima
ordinanza (n. 24139/2018) la Corte di Cassazione ha enunciato una serie di
principi relativi allo svolgimento dell’incarico di amministratore di società e
segnatamente che:
a) l’incarico di amministratore si presume a titolo oneroso;
b) il compenso è dovuto all’amministratore a prescindere dal
fatto che egli lo richieda;
c) la gratuità dell’incarico può derivare da una apposita
clausola in tal senso contenuta nello statuto della società o nel contratto con
il quale viene conferito l’incarico di amministrazione;
d) l’amministratore può rinunciare, anche tacitamente al
compenso che gli sarebbe dovuto.
Quanto alla questione
della rinuncia tacita attraverso un comportamento concludente la Suprema Corte
ha specificato che occorre che il rinunciante tenga un atteggiamento
oggettivamente e propriamente incompatibile con la volontà di mantenere il suo
diritto.
Nel caso in esame la
Suprema Corte pronunciandosi in una controversia avente ad oggetto l’accertamento
della presunta rinuncia tacita attraverso un comportamento concludente al
diritto al compenso da parte di un amministratore che non aveva mai chiesto
alcun compenso per l’attività svolta se non a distanza di due anni dalla
cessazione dell’incarico ha ritenuto che non può considerarsi tale un
comportamento solo omissivo (come quello di non richiedere il pagamento del
compenso durante lo svolgimento dell’incarico). E ciò in quanto un comportamento
solo omissivo non può integrare gli estremi di una rinuncia tacita essendo
tutt’altro che inequivoco e, anzi, particolarmente ambiguo (basti pensare cha
la mera inerzia ben può esprimere una semplice tolleranza del creditore o anche
riflettere una situazione di pura disattenzione).
Da ultimo la Suprema
Corte rileva inoltre che conferire rilevanza alla mera inerzia del creditore
significherebbe ridurre indebitamente il termine di legge per la prescrizione del
diritto.
Tommaso Talluto
Avvocato – Studio EPICA – Treviso