POST 401
Il decreto legge fiscale 23/10/2018, n. 119, art. 6, in vigore dal 24/10/2018, prevede la possibilità di definire le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio.
Il decreto estende la sanatoria agli atti emessi dagli enti territoriali che decideranno di aderirvi entro il 31/3/2019.
Sono definibili le controversie il cui ricorso di primo grado sia stato notificato alla controparte entro il 24/10/2018 e per le quali, alla data di presentazione della domanda, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.
La definizione, che riguarda le controversie pendenti di fronte alle Commissioni Tributarie in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio, consiste nel pagamento delle imposte accertate al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato.
Sono previste due importanti deroghe allo scopo di calibrare la definizione in base all’andamento del contenzioso favorevole al contribuente. Così in caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nell’ultima o unica decisione non cautelare di primo grado depositata alla data di entrata in vigore del decreto legge (24/10/2018), il pagamento è ridotto alla metà, mentre la riduzione aumenta ad un quarto se la decisione è di secondo grado.
Pertanto, il quadro che ne risulta è il seguente: il contribuente che alla data del 24/10/2018 ha vinto in secondo grado paga il venti per cento delle imposte accertate senza sanzioni e interessi, mentre colui che, alla stessa data, ha vinto in primo grado paga la metà (sempre senza sanzioni e interessi). Naturalmente, come già detto, tali decisioni non devono essere definitive alla data di presentazione della domanda di definizione.
L’Agenzia delle Entrate dovrà stabilire, con successivi provvedimenti, le modalità di attuazione di queste regole nell’ipotesi di soccombenza parziale della stessa Amministrazione, come in quella di lite pendente nel giudizio di rinvio dalla cassazione.
Qualora la controversia riguardi esclusivamente le “sanzioni non collegate al tributo”, la definizione prevede il pagamento del quindici per cento del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate e del quaranta per cento negli altri casi.
Il termine per il pagamento degli importi dovuti o della prima rata (come quello di presentazione della domanda) scade il 31/5/2019. Tali adempimenti sono richiesti per il perfezionamento della definizione.
Nel caso in cui gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale in un massimo di venti rate trimestrali (con una dilazione di durata complessivamente pari a cinque anni). Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali. Non è consentito di compensare eventuali crediti d’imposta. Possono invece essere scomputati gli importi già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio.
La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorchè eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Qualora infine non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.
La disciplina sopra esposta è stata opportunamente integrata dal decreto legge con apposite norme di sospensione dei procedimenti pendenti e relativi termini d’impugnazione, allo scopo di favorire l’accesso alla definizione economizzando altresì l’attività processuale delle parti.
Non va dimenticato che la stessa disciplina potrebbe subire delle modifiche ad opera del Parlamento mediante disposizioni aventi efficacia dall’approvazione della legge di conversione del decreto legge.
Claudio Tiberti
Avvocato Tributarista