POST 159/2020
Con la legge di conversione del D.L. Liquidità pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 5 giugno u.s. sono state apportate significative modifiche in materia di crisi d’impresa.
In sintesi, all’art. 9 sono state apportate le seguenti modifiche:
1. co. 1, in tema di proroga di sei mesi dei termini di adempimento dei concordati preventivi, degli accordi diristrutturazione, degli accordi di composizione della crisi e dei piani del consumatore omologati aventi scadenza in data successiva al 23 febbraio 2020, amplia significativamente
– il periodo temporale di riferimento, elidendo il limite temporale del 31.12.2021 e rendendo così possibile la proroga dei termini di sei mesi per tutte quelle procedure omologate aventi scadenza a medio-lungo termine,
– le procedure beneficiarie della misura ampliando la platea dei soggetti interessati inserendovi anche gli accordi di composizione della crisi omologati ex art. 12, L. 3/2012, nonché i piani del consumatore omologati ex art. 12-bis, L. 3/2012, sulla scorta del processo di applicazione di una disciplina organica delle procedure derivanti da insolvenza iniziato con la riunione della stessa (disciplina) nel codice della crisi di impresa.
In tal modo, si cerca di evitare che a causa dell’emergenza COVID-19, i suddetti piani, sempre onorati nelle scadenze previste, rischino la revoca della procedura a causa della congiuntura economica negativa (imposta).
Per quanto attiene alle ultime due procedure citate (accordi di composizione e piani del consumatore), è innegabile l’esigenza economico-sociale di consentire al sovraindebitato una finestra di respiro per effetto di probabili e possibili minori entrate derivanti dall’accesso ad ammortizzatori sociali, consentendogli comunque di poter portare a esecuzione l’accordo o il piano omologato e beneficiare dell’effetto esdebitatorio.
2. co. 5-bis, di nuovo inserimento, in tema di scelta tra le alternative per la risoluzione della crisi dell’impresaprevede la possibilità per il debitore che entro la data del 31.12.2021 ha ottenuto la concessione dei termini di cui all’art. 161, co. 6, L.F. (concordato c.d. “in bianco” o “prenotativo”, con termine di 60-120 giorni per la presentazione del piano e della proposta), o di cui all’art. 182-bis, co. 7, L.F. (30 giorni), di depositare un atto di rinuncia alla procedura dichiarando di avere predisposto un piano di risanamento ai sensi dell’art. 67, co. 3, lettera d), pubblicato nel registro delle imprese e depositando la relativa documentazione.
L’intento è quello di agevolare con il più ampio ventaglio di possibilità per il debitore, la risoluzione alternativa della crisi, mediante lo strumento più idoneo.
3. All’art. 10, co. 2, invece, è giunta l’auspicata modifica in sede di conversione (di cui si è parlato nel precedente post 136/2020), la quale prevede che l’improcedibilità per le istanze di fallimento depositate nel periodo non si applica:
– al ricorso presentato dall’imprenditore in proprio, quando l’insolvenza non è conseguenza dell’epidemia di COVID-19;
– all’istanza di fallimento da chiunque formulata derivante da inammissibilità del concordato preventivo e revoca dell’ammissione al concordato preventivo e mancata omologazione del concordato preventivo
oltre che alla già prevista esclusione della richiesta presentata dal pubblico ministero quando nella medesima è fatta domanda di emissione dei provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio dell’impresa.
4. In ultimo, all’art. 10, co. 3, è previsto che quando alla dichiarazione di improcedibilità di cui al comma 1 (ricorsi per dichiarazione di fallimento presentati tra il 9 marzo e il 30 giugno 2020), faccia seguito entro il 30 settembre 2020 la dichiarazione di fallimento, il periodo di sospensione non viene computato nei termini per l’inefficacia degli atti a titolo gratuito, inefficacia dei pagamenti di crediti non scaduti, revocatoria di atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie, nonché per il fallimento dei soci di una srl.
Si evita in tal modo che il curatore, il creditore o il pubblico ministero decadano definitivamente dalle possibilità sopra elencate.
In conclusione, vengono ampliate le possibilità di accedere alle diverse procedure per la risoluzione della crisi. Il legislatore, in un’ottica di salvaguardia della persistenza attiva delle imprese (e non solo) in crisi, protrae il sacrificio delle pretese creditorie, senza diretta contropartita, conferendo valore strategico alla previsione di nuovi ulteriori tempi dati ai debitori per fuoriuscire dalle difficoltà finanziarie.
Un’attribuzione dunque di un diritto potestativo in capo al debitore, al quale il creditore non può che soggiacere sperando di non soccombere a sua volta.
Forse sarebbe bene riflettere sul fatto che l’economia non funziona in parallelo, ma in serie. Rotto un componente, anche i successivi sono compromessi.
Marco Bolognesi
Dottore Commercialista – Studio Epica – Mestre Venezia