POST 337
Con la norma di comportamento
n. 201 del 1 febbraio 2018 l’AIDC (Associazione Italiana Dottori
Commercialisti) ha affrontato il tema “spinoso” della rinuncia dei crediti da
parte degli amministratori soci, nello specifico della rinuncia al credito per
TFM (Trattamento di fine mandato).
La questione infatti è molto
dibattuta in quanto l’Agenzia delle Entrate sostiene, in ultimo con la
risoluzione n. 124/2017, che la rinuncia al credito da parte degli
amministratori soci vada equiparata di fatto ad una patrimonializzazione della
società e pertanto tali crediti rinunciati – che in applicazione del cd.
“incasso giuridico” si intendono incassati – dovranno essere assoggettati a
tassazione in capo ai soci persone fisiche non imprenditori, con conseguente
obbligo da parte della società di effettuare la ritenuta alla fonte
ordinariamente prevista.
Secondo l’AIDC invece tale
assunto non appare condivisibile in quanto l’articolo 50 comma 1 lettera c-bis del
TUIR fissa quale presupposto impositivo in capo agli amministratori l’effettiva
percezione delle somme (“principio di cassa”) mentre in sede di rinuncia è
evidente che tale condizioni non può avverarsi.
In mancanza del pagamento
monetario il presupposto impositivo potrebbe concretizzarsi solo qualora la
rinuncia al credito determini un vantaggio in termini fiscali per
l’amministratore creditore.
Inoltre, fa notare l’AIDC, la
rinuncia non determina neanche un salto in termini di imposta in quanto alla
stessa consegue, per l’impresa debitrice, il rilevamento di una sopravvenienza
attiva imponibile ai sensi dell’articolo 88 comma 4-bis che risulterebbe
imponibile per interno in quanto il valore fiscale del credito rinunciato in
tale ipotesi è pari a zero.
Alberto Simonetti
Dottore Commercialista – Studio EPICA – Treviso