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EPICANEWS

BLOG INFORMATIVO DELLO STUDIO EPICA

Aggiornamenti e notizie in materia aziendale, fiscale, contrattuale e societaria

Sulla nozione di inerenza dei costi relativi all’impresa.

NEWS Posted on Mon, February 26, 2018 10:06:52

POST 336

Con una decisione pubblicata
l’11/1/2018 (ordinanza n. 450), la Corte di Cassazione rivisita il requisito
dell’inerenza nella determinazione del reddito d’impresa indicando, quale
corretto criterio interpretativo, il principio per cui i costi deducibili sono
quelli correlati all’attività in concreto esercitata dal soggetto passivo, indipendentemente
dal fatto che gli stessi abbiano contribuito ad incrementare i ricavi. Nel caso
esaminato, la Corte di Cassazione ha giudicato indeducibili le royalties pagate
per l’uso di un marchio di proprietà della controllante non perché fosse
mancata la dimostrazione di una concreta utilità della spesa ai fini della
produzione del reddito, -come invece affermato dalla sentenza di secondo grado-
ma per il fatto che l’uso del marchio risultava “irrelato rispetto all’attività concreta dell’impresa”, la quale si
svolgeva per il 92,5% del fatturato con società del gruppo. In questa ipotesi,
secondo la Corte di Cassazione, il costo appariva estraneo all’attività ovvero
insensibile all’efficacia economica dell’utilizzo del marchio.

La decisione della Corte Suprema di
sganciare la deducibilità delle spese dal vantaggio arrecato all’impresa (sia
pure in termini anche solo potenziali e/o indiretti) segna uno sviluppo
evolutivo nella definizione del concetto dell’inerenza. Dopo l’abbandono dell’originaria
impostazione (meccanicistica), per cui dovevano considerarsi inerenti soltanto
i costi “necessari a produrre i ricavi”, la sentenza in rassegna si propone di
superare anche l’interpretazione (più volta avanzata dalla stessa Corte di
Cassazione) secondo cui l’inerenza (correttamente) collegata all’attività
dell’impresa (“non riducibile, perciò, ad
una relazione necessaria del costo con il reddito o i ricavi
”) richiederebbe
pur sempre un “legame tra il costo e
l’attività d’impresa secondo un parametro d’utilità, all’interno di una
relazione deterministica che sottende rapporti di causalità
”.

Dichiarando di volersi discostare da tale
orientamento, la sentenza precisa a) che “l’impiego
del criterio utilitaristico non giova alla corretta esegesi della nozione di
inerenza, in quanto il concetto aziendalistico e quello civilistico di spesa
non sono necessariamente legati all’elemento dell’utilità, essendo
configurabile quale costo anche ciò che, nel singolo caso, non reca utilità
all’attività d’impresa
”; b) che “viceversa,
l’inerenza deve essere apprezzata attraverso un giudizio qualitativo, scevro da
riferimenti ai concetti di utilità o vantaggio, afferenti ad un giudizio
quantitativo, e deve essere distinta anche dalla nozione di congruità del costo
”;
c) che, “in questo quadro concettuale”,
l’evidenziazione di un comportamento
antieconomico in relazione all’imposta sui redditi e dell’Iva non può
giustificarsi identificando l’inerenza con la sproporzione o l’incongruità dei
costi
”.

I principi sopra esposti appaiono
particolarmente significativi e rilevanti. Essi, se confermati dalla
giurisprudenza di legittimità, potranno influenzare positivamente i numerosi
contenziosi pendenti, nei quali il fisco contesta l’indeducibilità dei costi
per difetto di inerenza, sotto l’aspetto della dimensione quantitativa della
spesa ritenuta eccessiva rispetto ai ricavi dell’impresa. L’antieconomicità della
spesa, come pure la sua incongruenza, possono costituire indizi rivelatori
della mancanza di inerenza, ma non si identificano con essa.

Claudio Tiberti
Avvocato Tributarista



Cassazione: obbligatoria la ritenuta d’acconto sugli interessi da finanziamento soci ancorché presunti.

NEWS Posted on Thu, February 22, 2018 09:55:50

POST 335

Con ordinanza n. 3819
depositata il 16 febbraio 2018 la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo
l’accertamento effettuato dall’Amministrazione finanziaria nei confronti di una
società relativamente al mancato versamento della ritenuta d’acconto su
interessi passivi derivanti da operazioni di finanziamento.

Nella fattispecie la società
aveva ricevuto un prestito dai propri soci senza che ne fosse esplicitata la natura
fruttifera o meno.

La cassazione ha quindi
ricordato come, sia ai sensi dell’articolo 1815 del codice civile che ai sensi
dell’articolo 45 del Tuir, nel nostro ordinamento esista una presunzione di
fruttuosità dei capitali dati a mutuo salva prova contraria da parte del
contribuente.

Con ciò ne deriva che la
società mutuataria, che ha ricevuto il prestito, avrebbe dovuto operare la
ritenuta sugli interessi passivi prevista dall’articolo 26 del Dpr 600/1973.

Sul punto i Giudici hanno
inoltre affermato che l’obbligo di effettuare la ritenuta persiste sia nel caso
in cui la corresponsione sia effettivamente avvenuta, sia quanto è solo
presunta dalla legge.

Alberto
Simonetti
Dottore Commercialista – Studio EPICA – Treviso



Erogazioni liberali alle Onlus: adempimenti, detrazioni e deduzioni.

NEWS Posted on Fri, February 16, 2018 10:47:26

POST 334

Il D.M. 30 gennaio 2018 ha introdotto per il mese
di febbraio un nuovo adempimento, ovvero la comunicazione telematica
all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi alle erogazioni liberali in denaro
deducibili e detraibili eseguite nell’anno precedente dalle persone fisiche
.

I destinatari del predetto onere sono i soggetti che
hanno ricevuto le liberalità, ovvero:

– le Onlus;

– le associazioni di promozione sociale;

– le fondazioni e associazioni riconosciute, con
scopo statutario la tutela, promozione e valorizzazione dei beni di interesse
artistico, storico e paesaggistico;

– le fondazioni e associazioni riconosciute, con
scopo statutario lo svolgimento o la promozione di ricerca scientifica,
individuate con DPCM.

Si precisa che l’adempimento in commento è
facoltativo fino al periodo d’imposta 2019 (comunicazione da effettuare nel
2020) e diventerà obbligatorio presumibilmente solo dal periodo d’imposta 2020
(comunicazione da effettuare nel 2021). Pertanto, non è prevista alcuna
sanzione in caso di inosservanza.

Inoltre, dalla lettura del decreto emerge una difficoltà operativa
poiché l’articolo 2 dispone che la comunicazione telematica deve avvenire
secondo modalità tecniche da stabilire con apposito provvedimento del Direttore
dell’Agenzia delle Entrate. Ad oggi, tale provvedimento non è ancora stato
pubblicato e tenuto conto che la scadenza per comunicare i dati è fissata per
il 28 febbraio, risulta alquanto complicato ottemperare alla predetta comunicazione.

Detrazioni e
deduzioni

Il comma 2 dell’articolo 1 del decreto precisa che a
partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017,
alle erogazioni eseguite nei confronti di Onlus, associazioni di promozione
sociale
e organizzazioni di volontariato si applicano le nuove
diposizioni in materia di detrazioni e deduzioni per le erogazioni liberali
disposte dall’articolo 83 D.Lgs. 117/2017.

A partire dal 2018 infatti, si rende applicabile
una detrazione, in misura
pari al 30 per cento dell’IRPEF, per
le erogazioni liberali in denaro o in natura a favore dei richiamati soggetti,
per un importo complessivo in ciascun periodo d’imposta non superiore a 30.000
euro.

La detrazione è elevata al 35 per cento se l’erogazione
liberale in denaro è a favore di organizzazioni di volontariato.

Il beneficio è consentito, per le erogazioni
liberali in denaro, a condizione che il versamento sia eseguito tramite banche
o uffici postali,
ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti
dall’articolo 23 D.Lgs. n. 241/1997 fra cui, carte di debito, carte di credito
e prepagate, assegni bancari e circolari.

Infine, l’articolo 83, comma 2, D.lgs.117/2017
(c.d. “Codice del Terzo Settore”) prevede che le liberalità in denaro o in
natura erogate da persone fisiche, enti e società a favore dei soggetti sopra
richiamati sono deducibili
dal reddito complessivo netto del soggetto erogatore nel limite del 10 per cento del reddito complessivo dichiarato.

Dr. Stefano Rodighiero
Studio EPICA – Treviso



Grandi gruppi multinazionali: scade il 9 febbraio il termine per l’invio del modello Cbcr.

NEWS Posted on Thu, February 01, 2018 09:53:35

POST 333

Con provvedimento dello scorso
11 dicembre 2017 è stato prorogato il termine per la presentazione del Country
By country Reporting (Cbcr) al 9 febbraio 2018 relativo al 2016, prima previsto
per il 31 dicembre 2017.

Si ricorda che tale
documentazione è stata resa obbligatoria dalla Legge di stabilità 2016 le cui
disposizioni sono state attuate per mezzo del DM 23 febbraio 2017 cui hanno poi
fatto seguito i maggiori chiarimenti forniti dall’Agenza delle Entrate con
provvedimento del 28 novembre 2017 (per quanto non esplicitamente previsto
viene infine fatto un rimando alle istruzioni fornite dall’Ocse).

Con l’introduzione di detta
documentazione obbligatoria l’Italia prosegue nel percorso di adeguamento
dell’ordinamento interno al diritto europeo in materia di scambio automatico
obbligatorio di informazioni nel settore fiscale nonché alle direttive emanate
dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).

Nello specifico i soggetti
obbligati a trasmettere la reportistica paese per paese sono società, residenti
in Italia, controllanti di un gruppo
multinazionale
:


che hanno l’obbligo di
redigere un bilancio consolidato;


con un fatturato consolidato,
conseguito dal gruppo di imprese multinazionali nel periodo d’imposta
precedente a quello di rendicontazione, di almeno 750 milioni di euro;


che non sono a loro volta
controllate da altre società o enti.

Tuttavia, l’obbligo di
presentazione passa a una società
controllata
, residente in Italia, quando la controllante:


risiede in uno stato che non
ha introdotto l’obbligo di presentazione della rendicontazione;


risiede in uno stato in cui
non è in vigore con l’Italia un accordo che consenta lo scambio delle
informazioni relative alla rendicontazione;


è inadempiente all’obbligo di
scambio delle informazioni relative alla rendicontazione paese per paese.

La documentazione da
predisporre dovrà contenere in sintesi:

· i dati aggregati di tutte le società appartenenti
al gruppo riguardanti i ricavi, gli utili (le perdite) al lordo delle imposte
sul reddito, le imposte sul reddito pagate e maturate, il capitale dichiarato,
gli utili non distribuiti, il numero di dipendenti e le immobilizzazioni
materiali diverse dalle disponibilità liquide o mezzi equivalenti;

· l’identificazione di ogni entità appartenente
al gruppo multinazionale, lo stato di costituzione o di organizzazione, se
diverso da quello di residenza fiscale, la natura dell’attività o delle
principali attività svolte. Le stabili organizzazioni devono essere elencate
con riferimento al paese in cui sono situate, precisando l’entità giuridica a
cui fanno capo
.

Alberto Simonetti
Dottore Commercialista – Studio EPICA – Treviso



Dichiarazioni 2018: più conveniente il noleggio degli autoveicoli per agenti e rappresentanti di commercio.

NEWS Posted on Wed, January 31, 2018 17:17:22

POST 332

Come noto la deducibilità dei
costi sostenuti da imprese e professionisti per l’acquisto e la gestione degli
autoveicoli è da sempre oggetto di particolari e diverse restrizioni imposte
dalla normativa fiscale.

L’ACQUISTO

La deducibilità del costo
sostenuto per l’acquisto di autoveicoli è pari:


al 20% del costo sostenuto da
imprese e professionisti con limite massimo di spesa pari ad euro 18.075,99
(costo massimo deducibile pari ad euro 3.615,20);


al 70% del costo sostenuto da
imprese e professionisti, senza limiti di spesa, per le auto concesse in uso
promiscuo ai dipendenti;


al 80% del costo sostenuto da
agenti o rappresentanti di commercio con limite massimo di spesa pari ad euro
25.822,84 (costo massimo deducibile pari ad euro 20.658,27);


al 100% del costo sostenuto da
imprese per l’acquisto di autoveicoli strumentali all’attività di impresa (ad
esempio i taxi), senza limiti massimi di spesa.

Le predette regole di
limitazione alla deducibilità valgono anche qualora l’acquisto sia perfezionato
per mezzo di un contratto di leasing (in tal caso la deducibilità del canone andrà
rapportata alla durata del contratto ed al valore dell’acquisto da parte del
concedente).

Le stesse percentuali di
deducibilità devono essere applicate anche alle spese inerenti la gestione dei
veicoli (carburanti, assicurazione, manutenzione etc.).

IL NOLEGGIO

Per quanto concerne il
noleggio la legge di bilancio 2017 ha
innalzato del 43%, a partire proprio dal 2017, il limite massimo del costo di
noleggio per gli agenti e rappresentanti di commercio. L’aumento da 3.615,20 a
5.164,57 euro ha quindi parificato il trattamento di favore concesso a questa
categoria in sede di acquisto di autovetture anche alle spese per il noleggio
.

Stanti quindi le recenti
modifiche si ricorda che le spese di noleggio di autovetture possono essere
dedotte secondo le seguenti percentuali:


20% del canone di noleggio
sostenuto da imprese e professionisti con limite massimo di spesa annuale pari
ad euro 3.615,20 (costo massimo deducibile nell’anno pari ad euro 723,04);


70% del canone di noleggio del
veicolo, senza limitazioni di costo, qualora il veicolo si concesso in uso
promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo di imposta;


80% del canone di noleggio
sostenuto da agenti rappresentanti di commercio con un limite massimo di spesa
annuale pari ad euro 5.164,57 (costo massimo deducibile nell’anno pari ad euro 4.131,66);


100% del canone di noleggio
sostenuto da imprese e professionisti per autovetture strumentali all’attività
di impresa (ad esempio taxi).

Si ricorda che per quanto
concerne il limite di spesa per la deduzione questo è da intendersi riferito
esclusivamente al costo di noleggio puro e non anche ai servizi accessori
contenuti nel canone. Per questa ragione è importante che tali importi vengano
puntualmente distinti in fattura da parte della società di noleggio.

LA DETRAZIONE DELL’IVA

Ulteriore limitazione è quella
legata alla detrazione dell’IVA. Si ricorda infatti che l’articolo 19-bis1 del
D.p.r. 633/1972, dispone al comma 1, lett. c) che l’imposta è detraibile:


al 40% per i veicoli che non
sono utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o della
professione;


al 40% per i veicoli concessi
in uso promiscuo ai dipendenti (salvo l’addebito del costo al dipendente,
allora detrazione del 100%);


al 100% per i veicoli degli
agenti e rappresentanti di commercio;


al 100% per veicoli che
formano oggetto dell’attività propria dell’impresa.

I CONTRIBUENTI MINIMI

Merita infine menzione il
particolare trattamento, in tema di deducibilità di costi delle auto, di cui
“godono” i cd. contribuenti minimi, regime in vigore dal 2008 e modificato dal
Dl 98/2011.

Tale regime infatti non segue
le regole di deduzione dettate dal TUIR per le autovetture e perciò l’Agenzia
delle Entrate ha chiarito che «a
prescindere dalle disposizioni del Tuir che prevedono uno specifico limite di
deducibilità
», le spese di acquisto (anche in leasing) e di gestione dei
beni ad uso promiscuo possono essere
dedotte nella misura del 50% del relativo corrispettivo «comprensivo dell’Iva per la quale non può essere esercitato il diritto
alla detrazione
» (circolare 7/E/2008). In particolare, per le auto dei
minimi non è applicabile neanche il limite del costo di acquisto fiscalmente
rilevante
.

Con riferimento a tale ultimo
aspetto e date le limitazioni imposte ai beni strumentali (che per i
contribuenti minimi non possono superare i 15 mila euro – 20 mila euro per i
forfettari) l’Agenzia delle Entrate ha sostenuto che i beni strumentali «solo in parte utilizzati nell’ambito
dell’attività di impresa o di lavoro autonomo
» (come le autovetture) devono
essere considerati per un valore pari al 50% dei relativi corrispettivi
(circolare 73/E/2007), al netto dell’Iva indetraibile (circolare 7/E/2008).
Quindi, i beni strumentali a uso promiscuo dei minimi rilevano per il 50% del
costo sostenuto, «a prescindere da
eventuali diverse percentuali di deducibilità contenute nel Tuir
».

Alberto Simonetti
Dottore Commercialista – Studio EPICA – Treviso



Per il 2018 aggiornamento al rialzo delle retribuzioni convenzionali.

NEWS Posted on Sat, January 27, 2018 10:17:49

POST 331

Con decreto ministeriale del
20 dicembre 2017 sono state determinate, per l’anno 2018, le retribuzioni
convenzionali di cui all’articolo 4 del DL 317/87 (si veda tabella allegata). Rispetto all’anno
precedente, 2017, si registra un incremento generalizzato pari all’1,7% su
tutte le categorie individuate nella tabella delle retribuzioni.

Ricordiamo che le retribuzioni
convenzionali, introdotte inizialmente in ambito previdenziale per il calcolo
dei contributi dovuti dai lavoratori italiani operanti all’estero in paesi in
cui non è in vigore un accordo sulla sicurezza sociale, ricoprono una notevole
importanza in ambito fiscale in quanto a decorrere dal 2001 vengono utilizzate
per la determinazione del reddito da lavoro dipendete ai sensi dell’articolo 51
comma 8bis del TUIR.

L’utilizzo della retribuzione
convenzionale ai fini delle imposte sul reddito è obbligatorio nel caso in cui il
lavoro all’estero sia prestato dalla persona fiscalmente residente in Italia
per conto di un datore di lavoro italiano purché effettuato in via esclusiva e continuativa
per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco temporale di 12 mesi.

Le retribuzioni convenzionali
sono altresì applicabili anche nel caso di un soggetto residente in Italia che
lavori come dipendete all’estero presso un datore di lavoro estero.

La disciplina non è invece
applicabile:


ai dipendenti in trasferta, in
quanto manca il requisito della continuità ed esclusività dell’attività lavorativa
svolta all’estero;


qualora il dipendente presti
attività lavorativa in uno stato con cui l’Italia abbia stipulato una
convenzione contro le doppie imposizioni che preveda la tassazione del reddito
da lavoro subordinato esclusivamente nel paese estero.

Alberto Simonetti
Dottore Commercialista – Studio EPICA – Treviso



Rivisti i parametri per calcolare il valore dell’usufrutto.

NEWS Posted on Thu, January 25, 2018 10:12:41

POST 330

Il decreto del direttore generale delle Finanze del
20 dicembre 2017 (pubblicato nella «Gazzetta ufficiale» 301 del 28 dicembre
2017) ha rielaborato il “prospetto dei coefficienti” per il calcolo del valore
del diritto di usufrutto vitalizio (prospetto allegato al Dpr 131/1986, c.d. testo
unico dell’imposta di Registro). Tale prospetto è stato modificato per effetto del
decreto del 13 dicembre 2017 del ministro dell’Economia con il quale è stato aggiornato,
con decorrenza dal 1 gennaio 2018, il saggio degli interessi legali di cui
all’articolo 1284 del Codice civile – che si ricorda essere aumentato dallo 0,1
allo 0,3 per cento in ragione d’anno.

Si premette che per “usufrutto vitalizio” si
intende il diritto reale di un soggetto (usufruttuario) di utilizzare un dato
bene di proprietà di un altro soggetto (nudo
proprietario) e conseguirne gli eventuali
frutti per tutta la durata della vita del titolare del diritto.

Il “prospetto dei coefficienti” è considerato il documento
“ufficiale” per calcolare il valore dell’usufrutto: infatti, partendo dal
valore della piena proprietà di un bene e applicando la formula contenuta nel
prospetto – adattata dal ministero dell’Economia in corrispondenza con la
variazione dell’interesse legale – si ottiene il valore dell’usufrutto
vitalizio e il valore della corrispondente nuda proprietà.

I parametri contenuti nel “prospetto”, chiamati
coefficienti di moltiplicazione, attribuiscono all’usufrutto tanto più valore
quanto più è giovane l’usufruttuario, in quanto, il diritto si estingue con la
morte di quest’ultimo.

La formula per il calcolo del valore
dell’usufrutto, definita in base alla legge di registro, è la seguente: al
valore della piena proprietà si applica il saggio dell’interesse legale e si
moltiplica, a sua volta, il valore così ottenuto per i coefficienti indicati
nel predetto prospetto – si precisa che questi ultimi sono suddivisi per classi
di età.

Ad esempio, il prospetto attribuisce il
coefficiente 125 all’usufrutto vitalizio a favore di un soggetto settantenne. Ipotizzando
che il valore della piena proprietà sia pari a 100 mila Euro, applicando la
formula di cui sopra si ottiene un valore dell’usufrutto pari a 37.500 Euro
(ovvero 100.000 x 0,3% x 125 = 37.500). Dato che il valore della nuda proprietà
(62.500) è pari alla differenza tra il valore della piena proprietà (100.000) e
il valore dell’usufrutto (37.500), risulta che in questo caso, come indicato
nella “prospetto”, il valore dell’usufrutto vitalizio è pari al 37,5 per cento
del valore della piena proprietà e quello della nuda proprietà è pari al
complementare 62,5 per cento.

Stefano Rodighiero
Studio EPICA – Treviso




Cassazione: l’atto di dotazione del trust non è tassabile.

NEWS Posted on Wed, January 24, 2018 08:55:50

POST 329

Con la sentenza n. 975 del 17
gennaio 2018 la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla
assoggettabilità o meno all’imposta di registro in misura proporzionale degli
atti di dotazione relativi ai Trust.

La sentenza risulta di
notevole importanza in quanto i Giudici di legittimità hanno ritenuto che
l’atto di dotazione del trust non configuri un atto a contenuto patrimoniale in
quanto il trustee riceve il bene a
titolo gratuito ed il disponente non intende arricchire il trustee ma vuole che quest’ultimo gestisca il bene in favore dei
beneficiari.

Non può pertanto applicarsi a
tale atto la tassazione propria, registro in misura proporzionale, degli atti
che hanno un effetto patrimoniale e allo stesso modo anche per le imposte
ipotecarie e catastali dovrà essere applicata la misura fissa poiché l’atto
sarà sì oggetto di trascrizione ma non di trasferimento vero e proprio.

Va tuttavia evidenziato come
la sentenza in oggetto si riferisca ad un caso sorto anteriormente al Dl
262/2006 che ha reintrodotto l’imposta sulle successioni e donazioni e che
assoggetta all’imposta anche “la costituzione di vincoli di destinazione di
beni” (e quindi i trust).

Allo stesso tempo però, pur
trattando un’imposta differente da quella oggi applicabile, la sentenza in
esame porta un principio di notevole
rilevanza in quanto ciò che rileva è che l’atto di dotazione
, secondo
gli ermellini, si configura come un
mero momento transitorio in vista dell’attribuzione finale che il trustee compirà a favore dei beneficiari
del trust all’esito del mandato
.

Alberto Simonetti
Dottore Commercialista – Studio EPICA – Treviso



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